Art a part of culture/Focus-on Sardegna
leggi l'articolo di Pino Giampà su art a part of culture
L’avevamo anticipato nell’articolo precedente: dopo aver indotto alle dimissioni il Leone d’Oro Stefano Rabolli Pansera, la Fondazione MACC ha nominato come nuovo direttore (art director?) l’artista, critico, incisore, nonché docente dell’Accademia di Torino, Pino Mantovani.
Ma non finisce qui: il museo verrà dedicato esclusivamente alla valorizzazione della collezione, quindi non sarà più sede delle attività legate alla residenza dei giovani artisti, i quali dovranno operare nella galleria (a cielo aperto) di Mangiabarche.
In parole povere, quella che rappresentava la vera novità del progetto Beyond Entropy, cioè il mettere in relazione dinamica museo, galleria Mangiabarche, residenze e giovani artisti, viene di fatto azzerata, silurando Rabolli Pansera per eccessiva innovazione ma facendo girare la voce sui presunti alti (?) costi delle residenze. Girare la voce è il termine giusto, e non solo per descrivere una realtà sociale (del resto Calasetta è un piccolo centro del Sulcis), ma soprattutto per rimarcare il fatto che nessuna comunicazione ufficiale è stata diramata e nessun bando pubblico è stato necessario, arrivando nell’assoluto silenzio (anche da parte del mondo dell’arte isolano) ad una soluzione che potrebbe mettere a rischio il prezioso lavoro fatto finora.
una sala del museo durante una residenza |
Certo, ad oggi, nessuna notizia lascia intendere che le residenze verranno meno e che prima di esprimere un giudizio così preoccupato come il nostro bisognerebbe attendere di conoscere il programma del nuovo direttore, ma la puzza di bruciato è piuttosto forte e se a bruciare non fosse la speranza che il Sulcis possa essere qualcosa di più che il territorio più povero, più inquinato, più depresso, più ostile e… più assistito d’Italia.
Ma l’ipocrisia è lunga quanto la memoria sembra essere corta: nel 2000, quando fu inaugurato il Museo (voluto dall’artista Ermanno Leinardi 1933-2006), l’evento dovette svolgersi con la presenza delle forze dell’ordine, chiamate per proteggere la collezione da una popolazione infuriata, scatenata ad arte da chi le aveva fatto credere che il comune avesse speso addirittura un miliardo delle vecchie lire, quando in realtà essa non costò neppure un centesimo alle casse comunali.
un'incisione del nuovo direttore Pino Mantovani |
Non vorremmo che tutto questo monta, smonta e rimonta finisca per essere la solita sfida tra un’arte che si appende alle pareti e alla pacifica coscienza collettiva V/S quella che utilizza le stesse pareti e la coscienza collettiva come opera; o peggio ancora: che il gioco riguardi certa sostenibilità da parte della politica che non vede di buon auspicio azioni estetiche e culturali e costi non comprensibili agli elettori?
Nell’Isola, sull’insostenibilità dei costi e, in questo caso, delle archistar, è già stato affondato il Betile: Cappellacci e la sua banda erano riusciti a far credere alla popolazione del limitrofo e poverissimo quartiere di Sant’Elia che i soldi destinati al museo progettato dall’Hadid fossero stati sottratti all’edilizia popolare.
La necessità di continuare nell’ottica della professionalità, del rigore e della qualità della ricerca artistica contemporanea è l’unico antidoto contro chi, cavalcando un populismo carico di stereotipi e di menzogne, continua a dominare e a demolire ogni tentativo di rinascita culturale e sociale nei territori periferici. La colpa però è anche di chi opera con l’esclusiva preoccupazione di quello che arriva (e rimane) dentro il sistema dell’arte di riferimento, incurante se nell’azione artistica, che ha coinvolto un determinato territorio, siano state messe in campo azioni adeguate anche ad educare sui linguaggi ed i codici espressivi specifici dell’arte contemporanea. Alla fine queste cattive pratiche autoreferenziali finiranno per fare tabula rasa anche delle esperienze positive, spianando la strada al ritorno ed al trionfo locale di artisti, imbonitori e politici mediocri incapaci e poco interessati a creare valore culturale reale?
Pino Giampà
una sala del museo oggi, con la collezione sulle pareti (e sui tavoli), in fondola pedana per le esibizioni canore e poetiche |