Vogliamo creare le basi per un modello innovativo di distretto culturale evoluto nel Sulcis, che abbiamo chiamato DISTRETTO CULTURALE OPEN SOURCE (NATURALE, GLOCALE, ECO-SOSTENIBILE), dove la programmazione sarà aperta, in continuo divenire.

Costituito nel 2013 senza l'intervento da parte delle amministrazioni locali, è basato su di un modello naturale, glocale e sostenibile realizzato attraverso il potenziamento di una rete di operatori del Sulcis.
In Sardegna la sopravvivenza di circa centoventimila persone dipende dagli ammortizzatori sociali, siamo parlando di quasi il 10% della popolazione, ben il 40% di questi assegni vengono erogati nel Sulcis.
Nonostante questo triste primato, provocato da una insostenibile politica industriale di retaggio ottocentesco, ancora oggi si continua a sostenere le imprese responsabili di questa situazione, molte di queste industrie hanno chiuso, ma altre vogliono continuare, ma solo attraverso finanziamenti pubblici, continuando inesorabili ad avvelenare l’ambiente, l’economia ed il futuro del territorio.
Il Distretto Culturale Open Source è nato per dare un forte segnale di cambiamento mettendo in rete intorno ad un progetto di rinascita culturale e ambientale le migliori energie creative presenti nel Sulcis.

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Territorium...In lotta!



Il Territorium Museum of Contemporary Public & Social Art è un'opera della GiuseppeFrau Gallery realizzata nella Grande Miniera di Serbariu a Carbonia. Nato all'interno dell'Auditorium, (inutilizzato da anni) dopo un'azione che lo ha ripulito e risistemato,  senza alcun contributo pubblico,  per ospitare un centro per grandi progetti per l’arte contemporanea, dove artisti, italiani e internazionali, potevano dare un contributo alla progettazione per il territorio più povero d’Italia: il Sulcis-Iglesiente.


Piano Sulcis: un’occasione persa in partenza?


di Eleonora Di Marino

Tadaaan! E' uscito il bando di concorso internazionale "Un'idea per lo sviluppo sostenibile del Sulcis" previsto all'interno del Protocollo di Intesa del 13 novembre 2012, siglato tra il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministro per la Coesione territoriale, la Regione Autonoma della Sardegna, la Provincia di Carbonia-Iglesias ed i Comuni del Sulcis Iglesiente, e più comunemente conosciuto come Piano Sulcis.

Nato dalla volontà di produrre crescita e sviluppo per l'area del Sulcis, offrendo nuove prospettive socio-economiche al territorio, si pone l'obiettivo di «stimolare il "mercato" locale, nazionale e internazionale delle idee per valorizzare il "luogo" Sulcis Iglesiente e di raccogliere idee per lo sviluppo». Sarà curato dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Invitalia, una volta Sviluppo Italia. Quella Sviluppo Italia, che è stata considerata una dei più imponenti meccanismi clientelari messi su dalla politica italiana, responsabile, nei suoi pochi anni di vita, dello spreco di centinaia di milioni di euro.

Sviluppo Italia fu al centro di numerose polemiche e di denunce da parte di chi vi si è affidato. E' il caso, ad esempio, dell'investitore straniero che a Sciacca (Sicilia) presentò il progetto per un campo da golf sulla spiaggia e gli fu approvato (?!). Sviluppo Italia, che doveva essere solo un intermediario governativo incaricato di agevolare lo straniero che avrebbe portato al Sud "soldi e sviluppo" (e che in realtà significò piuttosto clientela, con una gran fetta di popolazione giustamente contro, che vedeva privatizzarsi le spiagge non a proprio guadagno), entrò invece in società con lo stesso investitore, si fece dare dei soldi dalla Regione per mettere posto la costa ma, non essendo questo suo compito, non lo fece. Come se non bastasse, fece male anche ciò che lo era, e cioè supervisionare i progetti, per cui i lavori si fermarono e vennero messi i sigilli al cantiere.

Sviluppo Italia, oltre ad attrarre investimenti, si occupava anche dei "prestiti d'onore" (cioè un finanziamento per la creazione di nuove imprese). Assolutamente numerosi sono i giovani imprenditori che raccontano la disavventura vissuta: Sviluppo Italia accetta i progetti, incita l'imprenditore ad andare avanti e promette di pagare le fatture in un futuro prossimo. Le verifiche al progetto vengono fatte solo successivamente, e non sono pochi i casi un cui, in questo secondo momento, l'Agenzia si tira indietro, lasciando l'imprenditore sommerso di debiti. E' il caso dell'Azienda Vinicola Boschi, che decise di ingrandirsi ed a cui per questo furono promessi 13 miliardi di lire. La Sviluppo Italia pretese per il finanziamento le fatture quietanzate, per cui il proprietario si indebitò con le banche in attesa del denaro pattuito, ma i soldi non arrivarono mai. Le banche revocarono gli affidamenti e ed ipotecarono i suoi possedimenti, fino a sommergerlo di debiti per cifre da capogiro (30 miliardi di lire).

Nel 2007 Sviluppo Italia cambiò gestione, con un nuovo vertice scelto e voluto da Bersani, allora ministro. La gestione del prestiti d'onore prevedeva, inoltre, l'erogazione di vari servizi tecnici e di supporto definiti "tutoraggio", indispensabili e necessari per gestire al meglio l' attività nei primi anni di vita e permettere il corretto compimento del disciplinare che le varie condizioni contrattuali imponevano. Sono migliaia e migliaia i casi in cui i beneficiari hanno letteralmente visto fallire la loro attività imprenditoriale a causa della mancata erogazione di questi servizi per i quali Sviluppo Italia era impegnata contrattualmente alla loro erogazione. Uno dei casi più recenti è quello di Diego Blasi, 44 anni, uscito su Il Sole24Ore nell'ottobre del 2012. «Dopo aver fatto fallire centinaia di attività imprenditoriali» scrive Blasi « al danno si aggiunge la beffa: Invitalia bussa ora alla porta di coloro che hanno aderito al prestito d'onore richiedendo indietro i finanziamenti erogati e gli interessi maturati in tutti questi anni (in cui sono loro a essere stati latitanti) nonostante le iniziative imprenditoriali non siano mai decollate a causa loro. Dalla fine del 2011 stanno procedendo infatti alla notifica di migliaia di decreti ingiuntivi mettendo letteralmente sul lastrico molte famiglie».

Dobbiamo sentirci in buone mani? Un'informazione del genere alza il livello di guardia, che non è mai abbastanza quando si parla di 451 milioni di euro in mano a chi solitamente non si fa molti scrupoli nello speculare sui territori in crisi, rappresentando essi, anzi, un'occasione decisamente ghiotta per raccogliere il bottino e lasciare alla popolazione un vuoto ancora più vuoto. Ad una lettura anche superficiale, il Piano Sulcis rivela contraddizioni che non passano inosservate: convivono insieme l'obiettivo di sviluppare la filiera agro-alimentare ed allo stesso tempo salvaguardare l'industria dell'alluminio, quella del bacino di 20 milioni di metri cubi di fanghi rossi. Incentivare il turismo e far transitare i turisti sotto le ciminiere? Ritenere necessario un risanamento del territorio tramite le bonifiche ma produrre ulteriori veleni? Per non parlare della prospettiva dello stoccaggio di CO2 per mantenere in piedi il carrozzone Carbosulcis.

Numerose polemiche sono nate sulla natura stessa del Piano Sulcis, che in realtà sarebbe una sorta di restyling di fondi già stanziati, soldi già spesi o in fase di spesa spacciati per nuovi: questo di sicuro avviene per quanto riguarda le bonifiche, con il paragrafo che recita chiaramente "La Regione Sardegna ha già deliberato per un totale di 177,668 €/mln". 177 milioni sono tanti, ma ci si chiede quanto siano effettivamente questi in confronto a quelli che servirebbero a risanare completamente il territorio: sommando insieme le cifre che appaiono sui documenti della Regione Sardegna sui "Finanziamenti Per La Realizzazione Degli Interventi Di Risanamento E Bonifica Dei Siti Minerari Dismessi", che ne fanno una stima sito per sito, arriviamo ad un complessivo 719,091 €/mln.

Siamo ancora ben lontani dal raggiungimento dell'utopia possibile di un Sulcis rimesso in moto da uno sviluppo sostenibile, se anche i piani del governo affrontano questioni di vitale importanza in un modo fin troppo superficiale, per non dire pervertitamene demagogico: giusto quello di cui ha bisogno un territorio già irrimediabilmente devastato da storiche insane intenzioni!